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Breve biografia dell’Imam Khomeini - Prima parte

1:54 - June 04, 2022
Notizie ID: 3487651
Iqna - Nonostante l’ampiezza dei traguardi politici raggiunti, la personalità dell’Imam Khomeini era essenzialmente quella di uno gnostico, per il quale l’attività politica non rappresentò altro che lo sbocco naturale di una intensa vita interiore dedita alla devozione. La visione onnicomprensiva dell’Islam che riuscì ad articolare e che esemplificò rappresenta la sua eredità più importante

Breve biografia dell’Imam Khomeini - Prima parte

 

L’autore

Hamid Algar è nato in Inghilterra e ha ricevuto il dottorato in Studi Orientali a Cambridge. Dal 1965 lavora presso il Dipartimento di Studi Mediorientali dell’Università della California a Berkeley, dove insegna Persiano, Storia e Filosofia islamica. Il professor Algar ha scritto molto sull’Iran e sull’Islam, tra cui i volumi Religion and State in Iran: 1785-1906 e Mirza Malkum Khan: A Biographical Study in Iranian Modernism. Ha seguito con interesse per molti anni il movimento islamico in Iran. In un articolo pubblicato nel 1972 ha analizzato la situazione ed ha predetto la Rivoluzione “con maggiore accuratezza di tutti i funzionari politici del governo statunitense e di tutti gli analisti di questioni internazionali”, secondo le parole di Nicholas Wade pubblicate dallo Science Magazine. Algar ha tradotto molti volumi dall’arabo, dal turco e dal persiano; tra di essi Islam and Revolution: Writings and Declarations of Imam Khomeini.


Introduzione

E’ per molti versi strano che a dieci anni dalla sua morte e a venti dal trionfo della Rivoluzione da lui guidata non fosse ancora stata scritta una biografia seria ed esaustiva dell’Imam Ruhullah al-Musavi al-Khomeini, né in persiano né in altre lingue. Dopo tutto si tratta della figura di maggiore spicco della storia islamica recente per il suo impatto che, considerevole già nello stesso Iran, si è esteso su gran parte del mondo islamico ed ha contribuito a cambiare la visione del mondo e la consapevolezza di sé di molti musulmani.

Può esser stata proprio la rilevanza degli obiettivi raggiunti dall’Imam, unita alla complessità della sua personalità spirituale, intellettuale e politica, ad aver fino ad ora dissuaso ogni potenziale biografo. Eppure il materiale disponibile per un simile compito è abbondante e vario quanto furono differenziati gli ambiti della sua azione; il presente autore spera di poter affrontare questa sfida in un prossimo futuro (data la sua natura di saggio preliminare, questo scritto non abbonda di annotazioni a margine. Una lista completa degli scritti dell’Imam, base da cui partire per una sua biografia si trova qui insieme ad una rassegna di fonti secondarie). Quella che segue non è altro che una bozza preliminare, che intende fornire al lettore un ragguaglio generale della vita dell’Imam e dei tratti salienti della sua persona in quanto guida islamica di eccezionale grandezza.

 

Infanzia e primi studi

Ruhullah Musavi Khomeini nacque il 20 Jamadi al-Akhir 1320 (24 Settembre 1902), giorno dell’anniversario della nascita di Hazrat Fatima [l’amata figlia del Profeta e moglie dell’Imam Ali, n.d.t.] nel villaggio di Khomeyn, circa centosessanta chilometri a sud-ovest di Qom. La sua famiglia aveva una lunga tradizione nel campo degli studi religiosi. I suoi antenati, discendenti dell’Imam Musa al-Kazim, il settimo Imam della Ahl al-Bayt [“Gente della Casa”, la famiglia del Profeta, n.d.t.] erano emigrati alla fine del diciottesimo secolo dalla loro terra di origine, Nishapur, fino alla regione di Lucknow nell’India settentrionale.

Qui si erano stabiliti nel piccolo villaggio di Kintur ed avevano iniziato a dedicarsi all’istruzione e guida religiosa della popolazione, che nella regione era prevalentemente sciita. Il più illustre rappresentante della famiglia era Mir Hamid Husayn (morto nel 1880), autore dello Aqabat al-Anwar fi Imamat al-A’immat al-Athar, un’opera voluminosa sugli argomenti tradizionalmente oggetto di discussione tra musulmani sunniti e sciiti (1).

Il nonno dell’Imam Khomeini, Sayyid Ahmad, un contemporaneo di Mir Hamid Husayn, lasciò Lucknow attorno alla metà del XIX secolo per andare in pellegrinaggio alla tomba di Hazrat Ali a Najaf (2).

A Najaf Sayyid Ahmad conobbe un certo Yusuf Khan, uno tra i cittadini più in vista di Khomeyn. Fu su invito di costui che Sayyid Ahmad decise di stabilirsi a Khomeyn per occuparsi delle esigenze religiose degli abitanti; si sposò con una figlia di Yusuf Khan. Questa decisione gli fece tagliare i rapporti con l’India, ma Sayyid Ahmad continuò ad essere chiamato “Hindi dai suoi contemporanei, un appellativo che venne ereditato dai suoi discendenti; anche l’Imam Khomeini usò “Hindi” come pseudonimo in alcuni dei suoi ghazal [componimenti poetici, n.d.t.].

Poco prima dello scoppio della Rivoluzione Islamica, nel Febbraio del 1978, il regime dello Scià tentò di adoperare gli elementi indiani rintracciabili nella storia familiare dell’Imam per farlo passare come elemento straniero e traditore all’interno della società iraniana, un tentativo che si ritorse contro gli stessi che lo avevano messo in atto. Al momento della sua morte, di cui non conosciamo con esattezza la data, Sayyid Ahmad era padre di due bambini: una figlia di nome Sahiba, e Sayyid Mustafa Hindi, nato nel 1885, il padre dell’Imam Khomeini.

Sayyid Mustafa iniziò la propria formazione religiosa a Esfahan, con Mir Muhammad Taqi Modarresi, prima di continuare i suoi studi a Najaf e a Samarra sotto la guida di Mirza Hassan Shirazi (morto nel 1894), a quel tempo la principale autorità nella giurisprudenza sciita. Si trattava di un percorso di apprendimento – studi preliminari in Iran seguiti da studi avanzati negli ‘atabat (le città sante in Iraq) – che a lungo è rimasto normativo: l’Imam Khomeini è stato infatti la prima prominente guida religiosa la cui formazione abbia avuto interamente luogo in Iran.

Nel Dhu ‘l-Hijja 1320 (Marzo 1903), circa cinque mesi dopo la nascita dell’Imam, Sayyid Mustafa fu aggredito ed ucciso mentre percorreva la strada tra Khomeyn e la vicina città di Arak. L’identità dell’assassino fu immediatamente nota: si trattava di Jafar-quli Khan, cugino di un certo Bahram Khan, uno dei più ricchi possidenti della zona. Il movente dell’assassinio rimase invece difficile da stabilire con certezza.

Secondo una versione, divenuta quella ufficiale dopo la vittoria della Rivoluzione Islamica, Sayyid Mustafa aveva causato l’ira dei proprietari terrieri locali per aver preso le difese dei braccianti poveri. Lo stesso Sayyid Mustafa, comunque, oltre ad assolvere le sue funzioni religiose, era anche un contadino relativamente benestante, ed è possibile che sia finito vittima di una delle dispute sui diritti di irrigazione molto frequenti all’epoca. Una terza spiegazione è che Sayyid Mustafa, in qualità di giudice shariatico di Khomeyn, avesse punito qualcuno per aver violato il digiuno di Ramadan in pubblico e la famiglia dell’imputato si sarebbe poi vendicata uccidendolo (4).

I tentativi di Sahiba, la sorella di Sayyid Mustafa, di ottenere la punizione dell’assassino a Khomeyn fallì, e questo spinse la vedova, Hajar, a recarsi a Teheran per presentare appello, portando – secondo quanto è stato narrato – il piccolo Ruhullah tra le sue braccia. L’accompagnarono i suoi due fratelli maggiori, Morteza e Nur al-Din, e finalmente, nel Rabi’ al-Awwal 1323 (Maggio 1905) Ja’far-quli Khan venne giustiziato in pubblico a Teheran per ordine di Ayn al-Dawla, il primo ministro dell’epoca.

Nel 1918 l’Imam perse sia sua zia Sahiba, che aveva avuto un grande ruolo nella sua educazione iniziale, che sua madre Hajar. La responsabilità della famiglia ricadde quindi su suo fratello maggiore, Sayyid Morteza (più tardi noto come Ayatullah Pasandide). La tenuta ereditata dal padre sembra abbia sollevato i fratelli dalle necessità materiali, ma le angherie e i soprusi che gli erano costati la vita continuavano. Oltre che dalle continue faide tra proprietari terrieri, il paese di Khomeyn, ogni volta che ne avevano occasione, era funestato dalle razzie degli uomini delle tribù Bakhtiyari e Lor. Una volta che un capo tribù Bakhtiyari di nome Rajab ‘Ali compì una scorreria in paese, il giovane Imam fu obbligato ad imbracciare il fucile insieme coi suoi fratelli e a difendere la casa di famiglia.

Ricordando questi eventi molti anni più tardi, l’Imam affermò “Sono stato in guerra fin dalla mia infanzia” (5). Tra le scene a cui assistette durante la sua giovinezza e che gli rimasero nella sua memoria, contribuendo a definire la sua attività politica successiva, possono essere forse menzionati gli atti arbitrati e oppressivi dei proprietari terrieri e dei governatori provinciali. Egli ricorderà poi di come un governatore appena arrivato avesse fatto arrestare e flagellare il capo della corporazione dei mercanti di Golpayagan con il solo obiettivo di intimidire i suoi cittadini (6).

L’Imam Khomeini iniziò la sua formazione memorizzando il Corano in una maktab (la scuola primaria tradizionale islamica, n.d.t.) vicino la sua casa, retta da un certo Mullah Abu ‘l-Qasim; a sette anni diventò hafiz [completò la memorizzazione dell’intero Corano, n.d.t.]. Cominciò dunque lo studio dell’Arabo con Shaykh Ja’far, uno dei cugini di sua madre, e ricevette lezioni di altre materie prima da Mirza Mahmud Iftikhar al-‘Ulama’ e poi da un suo zio materno, Hajji Mirza Muhammad Mahdi. Suo cognato, Mirza Riza Najafi, fu il suo primo insegnante di logica. In ultimo, tra i suoi insegnanti a Khomayn, va menzionato il fratello maggiore dell’Imam, Morteza, che gli insegnò al-Mutawwal di Najm al-Din Katib Qazvini su badi’ [figure retoriche, n.d.t.] e ma’ani [significato dei vocaboli, n.d.t.] ed uno dei trattati di al-Suyuti sulla grammatica e la sintassi.

Sebbene Sayyid Morteza – che prese il cognome Pasandide dopo che nel 1928 l’assunzione di un cognome divenne obbligatoria per legge – avesse studiato per un certo periodo a Esfahan, egli non completò mai i livelli più elevati richiesti per una formazione religiosa; dopo aver lavorato per qualche tempo nell’ufficio dell’anagrafe di Khomeyn, si trasferì a Qom e vi rimase per il resto della sua vita.

Nel 1339/1920-21, Sayyid Morteza mandò l’Imam nella città di Arak (o Sultanabad, come era nota all’epoca) perché potesse giovare delle migliori possibilità formative ivi offerte. Arak era diventato un importante centro di insegnamento religioso grazie alla presenza dell’Ayatullah ‘Abd al-Karim Ha’iri (morto nel 1936), uno dei principali sapienti dell’epoca. Egli era giunto ad Arak nel 1332/1914, su invito della cittadinanza, e circa trecento studenti -un numero relativamente ampio- seguivano le sue lezioni nella madrasa Mirza Yusuf Khan.

E’ probabile che la formazione dell’Imam Khomeini non fosse ancora tale da permettergli di studiare direttamente sotto Ha’iri; egli si perfezionò quindi in logica con Shaykh Muhammad Golpayagani, lesse Sharh al-Lum’a di Shaykh Zayn al-Din al-‘Amili (morto nel 996/1558), uno dei principali testi di giurisprudenza Ja’farita, con Aqa-ye ‘Abbas Araki, e continuò i suoi studi su al-Mutawwal con Shaykh Muhammad ‘Ali Burujerdi. Un anno dopo l’arrivo dell’Imam ad Arak, Ha’iri accettò l’invito degli ulama di Qom di unirsi a loro e presiedere le loro attività.

Una delle prime roccaforti della Shi’a in Iran, Qom è stata tradizionalmente uno dei principali centri di istruzione religiosa nonché meta di pellegrinaggio al mausoleo di Hazrat-l Ma’suma, una figlia dell’Imam Musa al-Kazim, ma la sua fama era stata però oscurata per molti decenni dalle città sante dell’Iraq, con le loro superiori risorse di conoscenza. L’arrivo di Ha’iri a Qom non solo fece rivivere le madrasa ma dette il via al processo che ha portato la città a diventare la capitale spirituale dell’Iran, processo completato dalla lotta politica da lì lanciata dall’Imam Khomeini quarant’anni dopo.

L’Imam seguì Ha’iri a Qom dopo circa quattro mesi. Questo trasferimento fu il primo importante punto di svolta della sua vita. Fu infatti a Qom che egli ricevette l’intera sua alta formazione intellettuale e spirituale, e per tutto il resto della vita conservò un forte senso di identificazione con la città. E’ perciò possibile, sebbene non in senso riduttivo, definire l’Imam Khomeini come un prodotto di Qom. Nel 1980, rivolgendosi ad un gruppo di visitatori proveniente da Qom, disse: “In qualunque luogo mi possa capitare di trovarmi, io resto un cittadino di Qom, e ne sono orgoglioso. Il mio cuore è sempre con Qom e con la sua gente“. (7)

 

Qom: gli anni della formazione intellettuale e spirituale (1923-1962)

Dopo il suo arrivo a Qom nel 1922 o nel 1923, l’Imam si dedicò in primo luogo a completare il livello formativo della madrasanoto come sutuh; lo fece studiando con insegnanti come Shaykh Muhammad Reza Najafi Masjed-e Shahi, Mirza Muhammad Taqi Khwansari e Sayyid ‘Ali Yasribi Kashani. Fin dai primi tempi della sua permanenza a Qom, comunque, l’Imam dette da pensare che sarebbe divenuto ben più che un’importante autorità nel campo della giurisprudenza Ja’farita.

Egli mostrò un eccezionale interesse in materie che non soltanto erano solitamente assenti dal curriculum della madrasa, ma che erano spesso oggetto di ostilità e sospetto: filosofia, nelle sue diverse scuole tradizionali, e la gnosi (‘irfan). Iniziò a coltivare questo interesse studiando il Tafsir-e Safi, un commento al Corano di Molla Mohsen Feyz-e Kashani (morto nel 1091/1680), autore di orientamento sufi, insieme all’Ayatullah Ali Araki (morto nel 1994), all’epoca un giovane studente come lui. La sua formazione formale nella gnosi e nelle connesse discipline dell’etica, iniziò con i corsi tenuti da Hajji Mirza Javad Maliki-Tabrizi, ma questo sapiente morì nel 1304/1925.

Anche per quanto riguarda la filosofia, l’Imam fu presto privato del suo primo insegnante, Mirza ‘Ali Akbar Hakim Yazdi, che era stato allievo del grande maestro Molla Hadi Sabzavari (morto nel 1295/1878), che morì nel 1305/1926. Un altro dei primi insegnanti di filosofia che l’Imam ebbe fu Sayyid Abu ‘l-Hasan Qazvini (morto nel 1355/1976), un sapiente che insegnava filosofia peripatetica ed illuminazionista; l’Imam fece parte della sua cerchia fino al 1310/1931, anno in cui Qazvini lasciò Qom.

Il maestro che ebbe la maggiore influenza nello sviluppo spirituale dell’Imam Khomeini fu, comunque, Mirza Muhammad ‘Ali Shahabadi (morto nel 1328/1950); a lui l’Imam Khomeini si riferì in molte delle sue opere come “shaykhuna” [mio maestro, N.d.t.] e “arif-l kamil” [gnostico completo, N.d.t.] e con lui ebbe una relazione paragonabile a quella che lega un murid [discepolo, iniziato, n.d.t.] al suo murshid [maestro spirituale, N.d.t.]. La prima volta che Shahabadi giunse a Qom, nel 1307/1928, il giovane Imam gli rivolse una domanda sulla natura della Rivelazione, e rimase affascinato dalla risposta che ne ricevette.

Su sua insistente richiesta, Shahabadi acconsentì ad insegnare a lui e ad un ristretto gruppo di studenti scelti il Fusus al-Hikam(“Il Libro dei Castoni delle Saggezze”) di Ibn Arabi. Anche se l’insegnamento verteva essenzialmente sul commento di Da’ud Qaysari al Fusus, l’Imam riferì che Shahabadi presentò anche sue intuizioni originali sull’opera. Tra le altre opere che l’Imam Khomeini studiò con Shahabadi vi erano il Manazil al-Sa’irin del sufi hanbalita Khwaja Abdullah Ansari (morto nel 482-1089) ed il Misbah al-Uns di Muhammad bin Hamza Fanari (m. 834/1431), un commento al Mafatih al-Ghayb (“Chiavi dell’invisibile”) di Sadr al Din Qunavi (m. 673/1274).

E’ plausibile che l’Imam trasse da Shahabadi, almeno in parte, consapevolmente o meno, la fusione degli aspetti gnostici e politici che giunsero a caratterizzare la sua vita. Il maestro spirituale dell’Imam fu infatti uno dei relativamente pochi ulama dell’epoca di Reza Shah a prendere pubblicamente posizione contro le malefatte del regime, e nel suo Shadharat al-Ma’arif, un’opera di carattere essenzialmente gnostico, descrisse l’Islam come “una religione indubbiamente politica” (8).

Gnosi ed etica furono anche le materie trattate nei primi corsi tenuti dall’Imam; Shahabadi aveva ripreso i corsi di etica tenuti da Hajji Javad Aqa Maliki-Tabrizi a tre anni dalla morte di quest’ultimo, e quando Shahabadi partì per Teheran nel 1936 lasciò la ‘cattedra’ all’Imam Khomeini. Il corso consisteva innanzitutto in un’attenta lettura del Manazil al-Sa’irin di Ansari, ma spaziava poi oltre il testo, affrontando un’ampia varietà di questioni contemporanee. La popolarità del corso divenne tale che semplicemente per ascoltare le lezioni dell’Imam, insieme agli studenti di discipline religiose e comuni cittadini di Qom, giungevano persone fin da Teheran e da Esfahan.

Simile popolarità delle lezioni dell’Imam mal si accordava con le politiche ufficiali del regime Pahlavi, che voleva limitare l’influenza degli ulama al di fuori dei seminari di istruzione religiosa. Il governo impose per questo che le lezioni non si tenessero più nella prestigiosa madrasa Feyziye, ma nella madrasa Molla Sadiq, in cui non era possibile la partecipazione di un ampio uditorio. Comunque, dopo la deposizione di Reza Shah, nel 1941, le lezioni tornarono a svolgersi nella madrasa Feyziye e riguadagnarono all’istante la precedente popolarità. La capacità di rivolgersi a platee ampie, e non soltanto ai suoi colleghi all’interno del seminario religioso, che l’Imam Khomeini dimostrò per la prima volta in queste lezioni di etica, avrebbe avuto un importante ruolo nella lotta politica che egli guidò negli anni successivi.

Mentre impartiva lezioni di etica ad un uditorio numeroso e differenziato, l’Imam Khomeini iniziò ad insegnare importanti testi di gnosi, come il capitolo sull’anima dell’al-Asfar al-Arba’a (“I quattro viaggi”) di Mulla Sadra (m. 1050/1640) e lo Sharh al-Manzuma di Sabzavari, ad un piccolo gruppo di giovani sapienti, tra i quali vi era Morteza Mutahhari e Husayn ‘Ali Montazeri, che sarebbero divenuti due dei suoi principali collaboratori nel movimento rivoluzionario che l’Imam avrebbe lanciato trent’anni dopo.

Per quanto attiene i primi scritti dell’Imam, mostrano anch’essi come il suo principale interesse nei primi anni trascorsi a Qom fosse la gnosi. Nel 1928, per esempio, egli completò Sharh Du’a’ al-Sahar, un dettagliato commento alle invocazioni recitate durante il Ramadan dall’Imam Muhammad al-Baqir; al pari di tutte le opere dell’Imam Khomeini sulla gnosi, anche in questo testo il ricorso alla terminologia di Ibn ‘Arabi è frequente. Due anni dopo portò a compimento Misbah al-Hidaya ila ‘l-Khilafa wa ‘l-Wilayaun sistematico e denso trattato sui principali temi della gnosi. Un altro prodotto di quegli anni di concentrazione sulla gnosi furono una serie di glosse al commento di Qaysari al Fusus.

In una breve autobiografia scritta per un volume pubblicato nel 1934, l’Imam affermava che aveva trascorso la maggior parte della sua vita studiando ed insegnando le opere di Mulla Sadra, che aveva studiato per molti anni la gnosi con Shahabadi, e che stava a quel tempo seguendo i corsi di fiqh (giurisprudenza islamica) tenuti dall’Ayatullah Ha’iri (9).

La sequenza di questi enunciati suggerisce che all’epoca lo studio del fiqh fosse ancora tra i suoi interessi secondari. La situazione sarebbe presto cambiata, ma la gnosi non fu mai per l’Imam un semplice argomento di studio, insegnamento e produzione letteraria. Essa rimase sempre parte integrante della sua personalità intellettuale e spirituale, e come tale infuse molte delle sue attività specificamente politiche degli anni successivi con un’inconfondibile impronta gnostica.

Durante gli anni Trenta l’Imam non partecipò ad alcuna aperta attività politica. Egli ritenne sempre che la guida delle attività politiche dovesse essere nelle mani dei sapienti religiosi eminenti, ma si trovò comunque obbligato ad accettare la decisione di Ha’iri di tenere un atteggiamento di relativa passività nei confronti dei provvedimenti presi da Reza Shah contro le tradizioni e la cultura islamica in Iran.

Ad ogni modo, essendo ancora una figura minore all’interno del seminario religioso di Qom, non si sarebbe trovato certamente in condizione di mobilitare la pubblica opinione su scala nazionale. Mantenne comunque i contatti con quei pochi ulama che osarono sfidare apertamente lo Shah: non solo Shahabadi, ma anche uomini come Hajji Nurullah Isfahani, Mirza Sadiq Aqa Tabrizi, Aqazada Kifai e Sayyd Hasan Modarres. Anche se soltanto in forma allusiva, l’Imam Khomeini espresse la propria posizione sul regime Pahlavi, le cui caratteristiche essenziali erano secondo lui l’oppressione e l’ostilità nei confronti della religione, in poemetti che faceva circolare privatamente (10).

L’Imam assunse una posizione politica pubblica per la prima volta in un proclama datato 15 Ordibehesht 1323 (4 Maggio 1944), nel quale esortava ad agire per liberare i musulmani dell’Iran e di tutto il mondo islamico dalla tirannia delle potenze straniere e dei loro complici interni. L’Imam iniziava citando il Corano, 34:46:

Di’: ‘Ad una sola cosa vi esorto: sollevatevi per Allah, a coppie e da soli, e poi riflettete’”.

Lo stesso versetto apre il capitolo sul risveglio (bab al-yaqza) all’inizio stesso del Manazil al-Sa’irin di Ansari, il manuale per il percorso spirituale, insegnato dapprima all’Imam da Shahabadi. L’interpretazione di “sollevarsi” fornita dall’Imam ha, comunque, connotazioni sia spirituali che politiche, sia personali che collettive, una rivolta contro il lassismo che alberga al proprio interno e la corruzione nella società.

Lo stesso spirito di rivolta integrale permea la prima opera dell’Imam destinata alla pubblicazione, il Kashf al-Asrar (“I segreti rivelati”, Teheran, 1324/1945). Egli afferma di aver completato il libro in quarantotto giorni, guidato da una sorta di urgenza, e il fatto che il volume soddisfacesse una determinata esigenza è testimoniato dal fatto che nel primo anno venne stampato due volte. Il principale obiettivo del libro, desumibile anche dal titolo, era quello di confutare quanto ‘Ali Akbar Hakamizadeh affermava nel suo Asrar-e Hezarsaleh (“I segreti millenari”), un libro in cui si invocava una “riforma” dell’Islam sciita. Attacchi simili alla tradizione sciita venivano condotti, nello stesso periodo, da Shari’at Sanglaji (morto nel 1944), un ammiratore del wahabismo nonostante l’aperta ostilità verso l’Islam Sciita che connota quella setta, e da Ahmad Kasravi (morto nel 1946), tanto competente come storico quanto mediocre come pensatore.

La rivendicazione dell’Imam di aspetti della pratica sciita quali le cerimonie di lutto del mese di Muharram, il pellegrinaggio (ziyara) alle tombe degli Imam e la recitazione delle invocazioni composte dagli Imam, era quindi una risposta alle critiche mosse dai tre personaggi suddetti. L’Imam Khomeini collegò questi attacchi contro la tradizione alle politiche anti-religiose promosse da Reza Shah, e criticò duramente il regime Pahlevi per la distruzione della morale pubblica.

Si fermò però dall’invocare l’abolizione della monarchia, proponendo piuttosto che un’assemblea di mujtahid (esperti di diritto sciita autorizzati ad emettere responsi giuridici, n.d.t.) qualificati potesse designare “un giusto monarca che non violi le leggi di Dio, che combatta malefatte e l’oppressione, e che non agisca contro la proprietà, la vita e l’onore delle persone”. (11)

Anche questa legittimazione condizionale della monarchia sarebbe durata “fintanto che non si sarà potuto stabilire un sistema di governo migliore”. (12) Non vi può esser dubbio che il “sistema migliore” già prospettato dall’Imam Khomeini fin dal 1944 fosse quello della wilayat al-faqih, che divenne la pietra angolare costituzionale della Repubblica Islamica dell’Iran stabilita nel 1979.

Quando Shaykh ‘Abd al-Karim Ha’iri morì nel 1936, la supervisione sulle istituzioni religiose di Qom fu assunta congiuntamente dagli Ayatullah Khwansari, Sadr e Hujjat. Un senso di carenza venne comunque percepito. Quando l’Ayatullah Abu ‘l-Hasan Isfahani, il principale marja-i taqlid (“fonte di imitazione”, massima autorità nella giurisprudenza sciita, n.d.t.) del suo tempo, che risiedeva a Najaf, venne a mancare nel 1946, la necessità di una guida unica per tutti i musulmani sciiti cominciò a farsi sentire sempre di più, e iniziò la ricerca di una singola persona che fosse capace di assolvere ai compiti e alle funzioni che erano state di Ha’iri e di Isfahani.

L’Ayatullah Burujerdi, allora residente a Hamadan, venne considerato il più adatto al ruolo; sembra che l’Imam Khomeini abbia avuto un ruolo importante nel convincerlo a recarsi a Qom. L’Imam era in parte indubbiamente mosso dalla speranza che Burujerdi avrebbe adottato una ferma posizione di fronte allo Shah Mohammed Reza, il secondo regnante della dinastia Pahlavi. Questa speranza dovette rimanere in gran misura insoddisfatta. Nell’Aprile del 1949 l’Imam Khomeini venne a sapere che Burujerdi era coinvolto in una trattativa col governo riguardo a possibili emendamenti costituzionali a quel tempo in agenda, e gli scrisse una lettera in cui esprimeva la sua preoccupazione in merito alle possibili conseguenze.

Nel 1955 fu lanciata una campagna nazionale contro la setta dei Baha’i, per la quale l’Imam cercò di ottenere il supporto di Burujerdi, ma con scarso successo. Per quanto riguarda le personalità religiose all’epoca militanti sulla scena politica, specialmente l’Ayatullah Abu ‘l-Qasim Kashani e Navvab Safavi, il leader dei Feda’iyan-e Islam, con loro l’Imam non ebbe che rapporti sporadici e inconcludenti.

La riluttanza che in questo periodo l’Imam Khomeini mostrò verso un coinvolgimento politico diretto fu probabilmente dovuta dalla convinzione che qualunque movimento che si battesse per un cambiamento radicale dovesse essere guidato dalle gerarchie più alte dell’istituzione religiosa. Per giunta, il personaggio più influente dell’affollatissima e confusa scena politica dell’epoca era un nazionalista secolare, il dottor Muhammad Mosadeq.

L’Imam Khomeini si concentrò quindi, durante gli anni in cui Qom era sotto la guida di Burujerdi, sull’insegnamento del fiqh e raccogliendo attorno a sé alcuni studenti che poi sarebbero stati suoi compagni nel movimento che avrebbe portato alla fine del regime dei Pahlavi: non soltanto Mutahhari e Montazeri, ma anche uomini più giovani come Muhammad Javad Bahonar e ‘Ali Akbar Hashemi Rafsanjani. Nel 1946 iniziò ad insegnare usul al-fiqh (principi della giurisprudenza) al livello di kharij (il più alto livello di studio nei seminari sciiti, n.d.t.), usando come testo base il capitolo sulle prove razionali nel secondo volume del Kifayat al-Usul di Akhund Muhammad Kazim Khurasani (morto nel 1329/1911).

Seguito inizialmente da non più di una trentina di studenti, il suo corso divenne tanto popolare a Qom che quando fu tenuto per la terza volta i presenti erano cinquecento. Stando alla testimonianza di quanti lo frequentarono, esso si differenziava dagli altri analoghi corsi tenuti a Qom sulla stessa materia per lo spirito critico che l’Imam era capace di infondere nei suoi studenti, e per la competenza con cui l’Imam Khomeini sapeva collegare il fiqh a tutte le altre dimensioni dell’Islam – etica, gnostica, filosofica, politica e sociale.


di H.Algar

 

 

 

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